lunedì 22 giugno 2015

I "GIOVANI ANZIANI ATTIVI" E I VOLONTARI CHE SEMBRANO MANCARE

Una recente ricerca dell’Università Cattolica di Milano ha evidenziato che l’ingresso nell’età anziana è slittata in avanti, a dopo 75 anni. Il dato consente di parlare ormai di “GIOVANI ANZIANI” che rappresentano un vero e proprio (consistente)segmento della società (per altro molto ambito da chi si occupa di consumi) e sono quelli appunto della fascia 65/75 anni.
Ho estrapolato due aspetti della ricerca per metterli in relazione al nuovo bando sulla ricerca di volontari pubblicato di recente dal comune di Tradate, cui abbiamo partecipato col progetto “ANZIANI MENO SOLI (INSIEME PER UN VOLONTARIATO ATTIVO).
I “giovani anziani” hanno sorpreso in relazione alle nuove tecnologie, il 20,3% tra i 65 e i 69 e il 13% tra i 70 e i 74 anni usano quotidianamente o settimanalmente il computer fisso. Più basse le percentuali se si considerano tablet, portatili o smartphone.
Altra caratteristica dei “giovani anziani” è quella di essere molto attivi nel sociale e sono state individuate 4 categorie di profili: quelli “dà e ricevi” (53%), sono quelli che danno e ricevono aiuto; “attivi” (33%), sono quelli che solo offrono aiuto; “passivi” (8,2%), sono quelli che solo ricevono aiuto; “isolati” (6,3%), sono quelli che né danno né ricevono aiuto. Come si vede l’86% delle persone risulta impegnata in attività sociali.
Il numero di “giovani anziani attivi” segnala ancora una volta l’esistenza di una consistente disponibilità al volontariato e semmai introduce la necessità di un maggiore impegno verso le attività di coinvolgimento dei potenziali volontari. Un altro aspetto poco considerato è quello del luogo dove organizzare le attività di reclutamento, solitamente ad occuparsene sono le singole associazioni che razionalmente si concentrano sulle necessità interne. Il risultato è necessariamente restrittivo alle persone che sono già consapevoli della propria scelta e tuttavia la maggior parte delle persone questa consapevolezza non l’hanno ancora maturata.
Una opportunità potrebbe essere quella coordinata dal CESVOV che organizza un corso in cui i partecipanti hanno la possibilità di ricevere opportuni suggerimenti che li mettono in condizione di una scelta sulla base delle proprie capacità ed interessi.
In questo mese era previsto un corso rinviato per diversi motivi ma soprattutto perché sono mancate le iscrizioni. Il che sembrerebbe una contraddizione in relazione ai risultati della ricerca della Cattolica (ma ci sono altri esempi) che invece segnala di un numero elevato di persone disponibili. Una delle motivazioni è certamente la mancanza di coordinamento sul territorio tra i soggetti istituzionali interessati e l’altro (come spesso accade) è quello dell’informazione che fatica a raggiungere i potenziali volontari.


michiamoaldo



giovedì 18 giugno 2015

COME MANTENERE LA MEMORIA

Con l’avanzare dell’età il cervello subisce una serie di modificazioni biologiche tali da comportare una riduzione delle funzioni cognitive generiche e conseguentemente della memoria. Dal semplice appuntamento dimenticato, si giunge alla difficoltà effettiva a ricordare prontamente i nomi di familiari e amici o di parole di uso comune. In base alla gravità di questa sintomatologia si può parlare di un semplice declino cognitivo senile, definito anche demenza senile, fino a giungere alla più grave demenza vascolare o addirittura all’Alzheimer.
La perdita della memoria è legata ad un rallentamento concreto della velocità di processazione delle informazioni e non ad una perdita reale delle conoscenze acquisite durante la vita. Numerosi studi scientifici hanno però dimostrato che tale processo di invecchiamento può essere efficacemente contrastato mantenendo una vivace attività cerebrale attraverso stimoli esterni capaci di mantenere alti i livelli di attenzione e concentrazione.
Quando la perdita di memoria risiede in un fisiologico rallentamento delle capacità cognitive determinato dall’età, è possibile ridurre i suoi effetti mantenendo allenata la memoria, eseguendo esercizi giornalieri e senza andare in sovraccarico mentale. Esistono diverse esempi, tra i quali ricordo la lettura o la scrittura, la pittura o i giochi da tavolo e una regolare attività fisica.
Di recente è stato dimostrato anche come, insegnare gli anziani ad utilizzare i social network più comuni, si sia rivelato utile e positivamente incoraggiante proprio in merito ad un rallentamento del declino cognitivo. Sono tutte strategie utili quando la memoria a lungo termine non è ancora stata intaccata e quella a breve termine inizia solo a mostrare alcune lievi deficienze, ma quando subentra un quadro clinico più importante, diventa indispensabile effettuare una visita. Ciò deve avvenire quando si riscontrano vere e proprie difficoltà nel quotidiano, per intervenire tempestivamente soprattutto nei casi di demenza cognitiva grave e dell’Alzheimer. In questi casi la terapia preventiva diventa indispensabile per rallentare al massimo la perdita di memoria, di attenzione e di linguaggio.
michiamoaldo
http://pharmakon.it/memoria-come-mantenerla/


martedì 16 giugno 2015

QUANTE SONO LE DOMANDE ISEE RIGETTATE?

La DICHIARAZIONE SOSTITUIVA UNICA (DSU) si compone di 8 modelli, 2 per il modello base e 6 per indicare situazioni particolari. E’ utilizzata dall’INPS per il calcolo dell’ISEE. Il ministero ha creato un comitato consultivo costituito dai rappresentanti di Regioni, Enti Locali, Sindacati, Associazioni dei Disabili, Forum del Terzo Settore e Forum delle Famiglie, incaricati di esaminare i dati delle richieste ISEE. Nei primi tre mesi del 2015, a fronte di 1.100.000 attestazioni ISEE richieste e generate dall’INPS, sono state monitorate circa 22.000 DSU. In pratica il 2% della popolazione ISEE. I dati raccolti consentono alle istituzioni commenti estremamente positivi, soprattutto evidenziando l’emersione di “furbetti” che prima nascondevano il proprio effettivo patrimonio.
Un report del ministero del lavoro sul nuovo ISEE (QUI)  evidenzia che per circa 1/3 dei richiedenti è risultato più favorevole (45,3%), 1/3 indifferente (19,7%), per l’altro terzo è risultato meno favorevole. Il motivo principale sembra essere la valutazione patrimoniale, che nel nuovo metodo ha un maggiore peso. Non è l’unica novità del nuovo metodo di calcolo, nel suo complesso è da rilevare che le Dichiarazioni Sostitutive Uniche (DSU) pari a zero sono passate dal 75% al 25%.
Diverse le reazioni delle associazioni dei Disabili che definiscono fuorvianti i commenti. Esse rilevano che il nuovo metodo di calcolo conteggia come reddito tutti gli aiuti che lo Stato riconosce alle persone con disabilità (assegni di cura, indennità di accompagnamento, pensioni). La conseguenza è un aumento esponenziale dei redditi delle Famiglie con disabili, soprattutto quelli gravi e gravissimi, che prendono più di una indennità.
Indubbiamente una diversa valutazione del patrimonio della Famiglia ha consentito di stanare i “furbetti” ma considerare reddito le indennità, equivale a considerare reddito la disabilità. Il che non è nemmeno commentabile. Del resto a Febbraio il TAR del Lazio ha accolto il ricorso di alcune Famiglie con disabili e annullato l’articolo della legge che inseriva le indennità tra i redditi. Tuttavia il governo ad oggi non ne ha preso atto e per conseguenza l’INPS continua a generare ISSE più alti.
Il nuovo metodo di calcolo viene eseguito direttamente dall’INPS, una volta ricevuta la documentazione dai CAF, incrocia i dati con quelli dell’anagrafe tributaria, le risorse allocate in conti correnti o altri depositi e quindi determina l’ISEE. Ma che fine fanno le domande rigettate? Nel senso: quante sono? Ci sono informazioni, monitoraggi e conteggi vari sulle DSU valutate positivamente ma nessuna informazione statistica su quelle negative: i motivi per cui vengono rigettate, la tipologia delle richieste eccetera. Dove sono?

michiamoaldo


http://www.vita.it/it/article/2015/06/09/nuovo-isee-quello-che-i-numeri-non-dicono/135400/

lunedì 15 giugno 2015

2 SOLITUDINI?
In questi giorni a Roma si è svolto il WELFARE DAY 2015 (www.welfareday.it), un evento in cui vengono approfondite le novità sull’argomento. L’evento ha raccolto ed evidenziato i risultati di una recente pubblicazione del CENSIS-RBM SALUTE denominata “tutelare la buona salute di tutti: la funzione della sanità integrativa”, nella quale si segnala come le persone ricorrano sia sempre più (chi può) alla sanità privata. Per conoscere una parte dei dati statistici della ricerca potete cliccare QUI
Un aspetto interessante che viene rilevato è quello sulle liste di attesa che preoccupa molto le persone. Al proposito, segnalo che sul sito dell’ASL di Varese (cliccare QUI) è possibile controllare i tempi di attesa per (alcuni) esami vari.
Sull’argomento welfare vorrei aggiungere qualche altra considerazione, troppo lunghe per una mail, prendendo spunto da un progetto di volontariato in cui sono impegnato e che include un bando di scrittura sulla solitudine: ci sono 2 solitudini?
Di welfare ormai si parla quotidianamente ma sono certo che non sono molte le persone che conoscono l’argomento, tolti gli addetti ai lavori e quelli che per necessità se ne devono occupare. Wikipedia ( QUI ) dice che attraverso la finalità del welfare è quella di ridurre le disuguaglianze sociali. In senso ampio, per Stato sociale si indica anche il sistema normativo con il quale lo Stato traduce in atti concreti tale finalità; in questa accezione si parla di welfare state (stato del benessere tradotto letteralmente dall'inglese, detto anche stato assistenziale). 
Quando si parla di welfare, immediatamente si pensa alle persone non autosufficienti ma prendiamo per esempio la solitudine: c’è differenza tra la solitudine di un adulto disabile e la solitudine di un adulto abile? Indubbiamente ci sono ma mentre le persone non autosufficienti usufruiscono degli sforzi di altri per affrontare il problema, le persone autosufficienti vengono considerate capaci di affrontare il problema (quando lo è) e spesso non è così. Lo dimostrano le persone che fanno uso di antidepressivi oppure, tra gli anziani, il numero delle persone che stanno chiuse in casa perché ritengono di non avere interessi da condividere.

Tornerò sull’argomento, il bando di scrittura sulla solitudine proporrà i risultati nel mese di Ottobre, ma da oggi intendo chiedere un parere a quanti sono interessati al welfare: siamo troppo concentrati sulle persone non autosufficienti e trascuriamo quasi completamente le altre? E, aiutando anche le altre non aiuteremmo indirettamente anche le persone non autosufficienti?