venerdì 13 novembre 2015

LA MAESTRA DELLE ELEMENTARI E I COMPITI A CASA.

 Ci sono situazioni che definire “SCONFITTA” non descrive a sufficienza l’accaduto, che comportano conseguenze da evitare o meglio da prevenire. Ieri pomeriggio ho ascoltato lo sfogo di due genitori che raccontavano le difficoltà che devono affrontare per aiutare il figlio nei compiti della scuola ELEMENTARE. Alcune situazioni in cui la maestra ha chiesto per dei compiti a casa l’utilizzo delle nuove tecnologie. Dopo aver fatto presente di non avere la tecnologia richiesta e quindi (ANCHE) di non sapere come funzionano, la maestra ha suggerito la soluzione: mettersi d’accordo con qualche altra Mamma che ha il dispositivo necessario ed è capace di utilizzarlo. Precisando che è assolutamente fuorviante ritenere che tutti si sia in possesso di un cellulare di ultima generazione, di un Tablet o altro dispositivo tecnologico, commento la tristezza della situazione con due importanti precisazioni: l’aspetto economico e quello della conoscenza.
Dal punto di vista dei costi, nonostante i prezzi si siano abbassati rispetto a qualche anno fa, è assolutamente possibile che non tutte le Famiglie possano permettersi di affrontare la spesa. Nel caso dei genitori di cui parlo (e probabilmente per molti altri), la proposta della maestra di chiedere ad altra Famiglia complica la situazione anziché semplificarla: 1) si tratta per forza di una situazione transitoria che obbliga comunque la Famiglia a cercare soluzione per il futuro acquisto del dispositivo (non solo a causa delle domande del figlio “perché lui ce l’ha e io no?” ma anche per evitare di essere obbligati ogni volta a coinvolgere altre persone per risolvere problemi propri); 2) mette la Famiglia in condizione di far conoscere la propria situazione economica; ci sarebbero altre considerazioni ma limitiamoci a queste.
Dal punto di vista di come si usa lo strumento tecnologico, è normale che non tutti sappiano come funzionano. Quindi i genitori che seguono i figli nei compiti (in genere le mamme) dovranno a loro volta imparare come si usa il dispositivo, per evitare di dipendere sempre da altri. Significa trovare qualcuno che insegni non solo al bambino ma anche alla Mamma e certamente non si può pretenderlo da un’altra Mamma. A questo proposito, tengo a sottolineare che tutte queste difficoltà acquistano dimensioni diverse e più grandi quando sono coinvolte Famiglie straniere (come in questo caso). Un ginepraio di difficoltà in mezzo alle quali bisognerebbe chiedere alla maestra come mai non sia la scuola (o Lei che ha proposto il compito) a risolvere la situazione, visto che trattasi di compiti scolastici. Come mai non sia la scuola (o Lei che l’ha proposto) a passare il dispositivo necessario per lo svolgimento dei compiti a casa. Se invece tutto dipende da una iniziativa della maestra e dal SUO desiderio di proposte innovative, come mai non sia Lei ad aiutare la Famiglia e se abbia preso in considerazione le conseguenza della richiesta o, forse, ha sottovalutato la diffusione delle nuove tecnologie (compreso le capacità di utilizzarle). Ci sarebbero altre domande ma in particolare una: e se la famiglia non trova qualcuno disponibile ad aiutare e per conseguenza il bambino deve tornare dalla maestra senza aver eseguito il compito, può ipotizzare di scrivere una nota al bambino di fronte ai compagni da consegnare ai genitori? E per dire cosa?
Gli sforzi per rendere accessibile a tutti le nuove tecnologie dipendono dalla disponibilità dei dispositivi, dalla capacità di utilizzarli ma soprattutto dal BUONSENSO di chi ha la fortuna di possedere strumenti e capacità. Voglio pensare si tratti di leggerezza involontaria e che ci sia la possibilità di una riflessione sulle conseguenze psicologiche nei confronti di persone, adulte e bambini (delle ELEMENTARI), causate da richieste in solo in apparenza banali (compiti scolastici).


michiamoaldo

domenica 8 novembre 2015

SOSTEGNO DI INCLUSIONE ATTIVA PER GLI ULTRA 55ENNI.

In questi giorni l'INPS informa di una proposta consegnata al governo nel Giugno del 2015 con l'obiettivo di creare una rete di protezione sociale almeno dai 55 anni in su. Un reddito minimo garantito di 500 euro (400 nel 2016 e nel 2017) al mese per una Famiglia con almeno un componente ultracinquantacinquenne. Il trasferimento prende il nome di SOSTEGNO DI INCLUSIONE ATTIVA PER GLI ULTRACINQUANCINQUENNI (SIA55). Nel caso in cui nel nucleo familiare vi siano altri soggetti ultra 55enni, l'ammontare della prestazione sarà pari all'importo per un single (500 euro), moltiplicato per la scala di equivalenza OCSE modificata che tiene conto delle economie di scala che si raggiungono condividendo la stessa abitazione. L'INPS prevede di reperire le risorse con una serie di interventi, tra i quali facendo prelievi da circa 250.000 pensioni d'oro.
Estrapolo alcuni dati da uno studio pubblicato qualche mese fa, stimolato da un altro rapporto INPS, dal quale emerge che le prestazioni dell'INPS ammontano a circa 266 miliardi di euro, di cui le prestazioni assistenziali sono 122,77 miliardi (il 46% delle prestazioni). La differenza tra le due cifre è 144,13 miliardi e rappresenta i trattamenti pensionistici. Le pensioni superiori ai 3000 euro sono in favore di 676.406 persone e rappresentano il 14,4% delle prestazioni. 
Già molto in termini percentuali, che se rapportiamo solo ai trattamenti pensionistici sale al 27%. Una percentuale molto alta ma quello che non viene specificato è che dire superiore ai 3000 euro significa omettere di dirie che ce ne sono da 10.000, 20.000, 30.000, 40.000, fino a 90.000 euro al mese.
E godono tutte della reversibilità!!!

mercoledì 4 novembre 2015

DEISTITUZIONALIZZAZIONE DEI SERVIZI SOCIO ASSISTENZIALI

Tra le indicazioni emerse dal convegno organizzato recentemente sugli Stati generali del Welfare di Tradate, c’è stata quella di proseguire nella valorizzazione delle reti sociali operative sul territorio per promuovere e sostenere nuove ed innovative forme di welfare.
A questo proposito, sul sito del CESA si legge di un rapporto inviato alla Commissione Europea sull’argomento. Il CESA (Comitato Economico e Sociale Europeo) è un organo di *350 (trecentocinquanta) membri provenienti dai 28 Stati europei con mandato in corso dal 2015 al 2020. Ha il compito di formulare pareri sulle leggi europee o altri argomenti ritenuti opportuni, una specie di ponte tra le istituzioni e la società civile organizzata.
Nel rapporto si suggerisce di passare dall’assistenza sociale in strutture istituzionali a quelle di prossimità, un’azione politica a lungo termine che prevede, oltra alla formazione di operatori specializzati nei servizi di sostegno, la creazione di partenariati tra tutti i soggetti coinvolti sviluppando servizi a livello di comunità.
L’attività dovrebbe essere finanziata attraverso i fondi strutturali che dovranno favorire l’azione di de-istituzionalizzazione dei servizi socio-sanitari garantendo gli stessi standard di efficienza e supportati da servizi indipendenti di ispezione e monitoraggio.
Si tratta, come si può facilmente comprendere, di un mutamento culturale di interpretazione dei servizi socio sanitari che coinvolgeranno anche dal punto di vista economico i soggetti coinvolti che dovranno essere tenuti in considerazione da ogni punto di vista.

http://www.ansa.it/professioni/notizie/welfare/2015/10/26/assistenti-sociali-passare-a-prossimita_0ed443c0-c2f6-4bf7-8e86-dea58338b562.html

http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.it.home

* accidenti 350 persone...quanti pensieri, quante spese per un comitato. Uno dei comiati, poi ci sono le commissioni e poi ci sono...